Museo delle Terre Nuove | Sala 3 - Le Terre Nuove Fiorentine - Museo delle Terre Nuove
Nonostante il fenomeno di “incastellamento” fosse già presente in Toscana fin dagli inizi del 1200, Firenze rispetto alle altre città toscane arrivò più tardi e iniziò la fondazione di città nuove a partire dalla fine del secolo.
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Sala 3

LE TERRE NUOVE FIORENTINE

Nonostante il fenomeno di “incastellamento” fosse già presente in Toscana fin dagli inizi del 1200, Firenze rispetto alle altre città toscane arrivò più tardi e iniziò la fondazione di città nuove a partire dalla fine del secolo.
Le Terre Nuove fiorentine seguivano le due assi stradali principali dell’epoca: Firenzuola e Castel San Barnaba (Scarperia) sull’asse Firenze-Bologna; Castelfranco, Castel San Giovanni (San Giovanni V.no) e Terra Santa Maria (Terranuova B.ni) sull’asse Firenze-Roma. Era prevista anche la costruzione di Giglio Fiorentino, che non venne però mai portata a termine.

Approfondimenti


LE TERRE NUOVE FIORENTINE

«Come il Popolo di Firenze fece fare la Terra di Castello San Giovanni e Castello Franco in Valdarno. Nel detto anno essendo il comune et popolo di Firenze in assai buono e felice stato con tutto che i grandi avessono incominciato a contradiare il popolo, come detto avemo, il popolo per meglio fortificarsi in contado e scemare la forza dei nobili e de’ potenti del contado, e spezialmente quella de’ Pazzi di Val d’Arno e degli Ubertini, ch’erano ghibellini, si ordinò che nel nostro Valdarno di sopra si facessero due grandi terre e castella; l’uno era tra Feghine e Montevarchi, e puosesi nome Castello Santo Giovanni, l’altro in casa Uberti al lo ‘ncontro passato l’Arno, et puosongli nome Castello Franco, e francarono tutti gli abitanti de’ detti casteli per X anni d’ogni fazzione e spese di comune, onde molti fedeli de’ Pazzi e Ubertini, e di quegli da Ricasoli de’ Conti e d’altri nobili per esser franchi si fecero terrazzani de’ detti castelli; per la qual cosa in poco tempo crebbono e moltiplicarono assai, e fecionsi buone e grosse terre.» Tra il 1299 e il 1350 Firenze progettò infatti sei nuovi insediamenti e tutt’oggi, quando si parla di Terre Nuove fiorentine, si tende a fare riferimento esattamente a questi sei abitati: San Giovanni Valdarno, Terra Santa Maria (Terranuova Bracciolini), Castelfranco di Sopra, Castel San Barnaba (l’odierna Scarperia), Firenzuola e Giglio Fiorentino cui devono comunque essere aggiunti Vicchio di Mugello, Tartigliese nel Valdarno superiore e Castel San Pietro in Val di Sieve che conobbero una sorte per certi aspetti diversa dalle altre Terre. Si tratta di centri che la Repubblica fece costruire ex novo tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV secolo, con finalità principalmente anti-signorili: piccoli centri urbani progettati a tavolino, ispirati a principi di regolarità e ottimizzazione e ideati di sana pianta, con una serie di caratteristiche comuni.
Come osserva David Friedman, queste fondazioni spiccavano per l’originalità della loro pianificazione urbanistica e per la precisione ingegneristica con cui vennero realizzate.
Si può tuttavia tentare di operare una prima generale distinzione in due gruppi. Le fondazioni sorte nel Valdarno superiore - ovvero Castelfranco, San Giovanni, Terra Santa Maria - rispondevano alla necessità di governare un territorio che Firenze aveva recentemente acquisito a sud-est, in direzione di Arezzo e Roma. Le altre tre fondazioni, di cui solo due conobbero una completa realizzazione, vennero deliberate poco tempo dopo (Castel San Barnaba e Firenzuola nella primavera del 1306, infine Giglio Fiorentino, non realizzata, fu progettata nel 1350) e interessavano una diversa area geografica, precisamente quella del Mugello, a nord di Firenze. Gli scopi di Scarperia e Firenzuola erano espressamente difensivi: si trattava, con la loro fondazione, di mettere in atto un sistema - morbido ma ineludibile - per reprimere e contenere la superbia di alcuni rami del casato degli Ubaldini, signori dell’area appenninica.
(Il testo è tratto dalla guida del museo, a cura di Claudia Tripodi e Valentina Zucchi, Sagep, 2024)